Silicon Valley Bank: la coda agli sportelli partiva da Twitter

Articolo di Daniele Bernardi

Il fallimento di SVB

Venerdì 10 marzo la Federal Deposit Insurance Corporation ha annunciato che avrebbe preso il controllo della Silicon Valley Bank, decretandone così il fallimento. Si tratta del più importante fallimento bancario negli Stati Uniti dal caso Lehman Brothers nel 2008.  

La Silicon Valley Bank (SVB) è un istituto finanziario giovane, fondato nel 1983 nella contea di Santa Clara e – come suggerisce il nome – si trova in quella che ormai ai più è nota come la terra delle Big Tech: la Silicon Valley. Dato il mercato del territorio, SVB è diventata da subito la banca di fiducia delle aziende tecnologiche americane: infatti, al 2021 circa la metà dei fondi impiegati per finanziare le startup proveniva proprio dal suddetto istituto creditizio.  

Il focus sul settore High Tech si è dimostrata per molti anni una strategia vincente, che ha permesso ai profitti di crescere in parallelo a quelli delle grandi compagnie tecnologiche californiane. Tuttavia, trattandosi di un settore in cui le operazioni bancarie sono limitate al venture capital, SVB impiegava la liquidità derivante dai profitti nell’acquisizione di titoli di stato, scarsamente efficaci nel breve periodo.  

Quando, a causa dell’attuale crisi nel mercato globale, la Federal Reserve ha deciso di stringere la cinghia e gli investimenti in venture capital sono rapidamente diminuiti, le startup – che costituivano il principale asset di SVB – hanno iniziato a ritirare i propri soldi dai conti correnti. La sera di giovedì 9 marzo, la Silicon Valley Bank ha perso 42 miliardi di dollari, portando le autorità federali a prenderne il controllo. 

La storia potrebbe finire qui, se non fosse che la corsa agli sportelli non è solo frutto delle recenti politiche della FED, ma sembrerebbe aver visto nei nuovi media digitali – e in particolare in Twitteruna delle principali concause. Una possibile e rilevante “prima volta” che potrebbe mostrarci un altro importante lato delle piattaforme online e del loro modo di interferire con la società.  

Il ruolo della Twitter Sphere

Come è facile immaginare, in una situazione di crisi come questa, l’attenzione non può che crescere rapidamente. In rete, nella settimana antecedente al collasso finanziario, il dibattito pubblico internazionale relativo a Silicon Valley Bank ha raggiunto un volume di crescita di oltre l’8.000%, con più di 34 milioni di menzioni online. Ad essersi allarmato non è stato solo il settore della finanza, sebbene risulti comunque in larga parte maggioritario, bensì tutti i comparti della società.  

Facendo un passo indietro, il dibattito attorno a SVB era già rapidamente aumentato tra il mese di gennaio e quello di febbraio, quando le misure economiche e le mosse di alcune società del mondo tech avevano iniziato a destare preoccupazioni sulla sostenibilità dell’istituto finanziario.  

Un primo picco di menzioni si registrava, infatti, nella settimana tra il 19 e il 20 gennaio, quando la banca ha annunciato i risultati finanziari del quarto trimestre 2022; un secondo più importante tra il 27 e il 28 dello stesso mese, a causa all’interessamento di Elon Musk per una possibile acquisizione di SVB; e ancora un altro – più contenuto nei volumi – tra il 23 e il 24 febbraio, in seguito all’articolo del Financial Post che ha messo in allerta gli investitori dal pericolo degli speculatori.  

Il canale senza dubbio più utilizzato per parlare di Silicon Valley Bank è stato Twitter. Nei mesi antecedenti alla bancarotta, quasi tre quarti del dibattito online si svolgeva sul social di Musk. Un valore ben 900 volte più grande di quello registrato prima della catastrofe, e ancora superiore se si analizzano gli ultimi sette giorni della vicenda, arrivando ad occupare l’86% di tutto il traffico online relativo a SVB. 

Lo scorso 23 febbraio, Byrne Hobart (@ByrneHobart) – autore di The Diff, una newsletter sui settori tech e finanza seguita da oltre 48 mila persone – ha pubblicato sul proprio profilo Twitter un post in cui denunciava l’insolvenza di SVB, raggiungendo più di 3 milioni e mezzo di visualizzazioni e oltre 2.000 interazioni.  

Ma è soprattutto a ridosso della crisi che il dibattito su Twitter si è infuocato, portando un nutrito numero di influencer del mondo fintech a esprimere preoccupazione. Il pomeriggio del 9 marzo, Mark Tluszcz (@marktluszcz), CEO di Mangrove Capital – in risposta a Mike Butcher, editor di TechCrunch che invitava a mantenere la calma – ha twittato: “Se non consigliate alle vostre aziende di far uscire i contanti, allora non state facendo il vostro lavoro come membri del consiglio di amministrazione o come azionisti”. 

Sono giorni concitati e molto confusi quelli tra il 9 e il 10 marzo. A sintetizzare la bank run (la corsa agli sportelli) partita il 9 marzo è stato Alexander Torrenegra (@torrenegra), proprietario di un’IA per il settore delle risorse umane. In un tweet, Torrenegra ha raccontato la sua vicenda – anche personale – con SVB, banca in cui aveva aperto diversi conti corrente. “Leggo i messaggi durante la pausa bagno. Annullo immediatamente la riunione che avevo. Chiedo a mia moglie Tania di trasferire tutti i nostri soldi personali in altre banche. Chiamo i miei collaboratori. Chiedo loro di fare lo stesso. Uno di loro, dal dentista, deve interrompere la procedura e correre a casa. Torrenegra ha messo in evidenza la situazione di panico che correva online in quelle ore e la corsa agli sportelli che ne è conseguita.  

Il 10 marzo, Bill Ackman (@BillAckman) – CEO e fondatore di Pershing Square Capital (società che gestisce fondi di investimenti) con un seguito di centinaia di migliaia di follower su Twitter – ha scritto: “Se il capitale privato non è in grado di fornire una soluzione, si dovrebbe prendere in considerazione un salvataggio altamente diluitivo da parte del governo”.  

Una richiesta a cui molti politici in rete si sono opposti fermamente. “NON sosterrò il salvataggio della Silicon Valley Bank da parte dei contribuenti” ha twittato il giorno dopo Matt Gaetz (@mattgaetz), Rappresentante per lo Stato della Florida al Congresso degli Stati Uniti, a cui diversi altri parlamentari hanno fatto eco. Il ruolo della politica sembrerebbe essere stato un elemento determinante nel contribuire alla situazione di panico: la mancanza di un appoggio statale che garantisse i depositi ha accelerato la corsa agli sportelli, alimentando il circolo vizioso che si stava creando per cui più investitori ritiravano il proprio denaro e meno la banca riusciva a coprire i costi, avvicinandosi al collasso e spingendo nuovi clienti a recuperare il proprio patrimonio. Anche in questo caso, Twitter – già molto utilizzato dalla politica americana – è stato il canale privilegiato per pubblicare le proprie dichiarazioni. Una bolla mediatica con conseguenze disastrose e che ha diffuso il panico anche al di fuori del mondo fintech.  

Cavalcando l’onda della preoccupazione, Kim Dotcom (@KimDotcom) – alias Kim Schmitz, imprenditore e informatico, fondatore di Megaupload, Baboom e Mega e famoso per le sue posizioni complottiste – il 12 marzo ha scritto su Twitter: “Correte in banca! 🏃🏻‍♀️Tirate fuori i vostri soldi […] Quando i mercati crolleranno, i depositi bancari che le banche statunitensi utilizzano per investire potrebbero essere in pericolo. Il contante è il re. Uscite subito!”. Il tweet viene visualizzato da più di 2 milioni e 400 mila utenti, muovendo un volume di ben 3.450 retweets, 556 menzioni e 12.600 like.   

Sempre il 12 marzo, ha twittato anche l’investitore Jason Calcanis (@Jason): “DOVRESTE ESSERE ASSOLUTAMENTE TERRORIZZATI IN QUESTO MOMENTO – QUESTA È LA REAZIONE GIUSTA A UNA CORSA AGLI SPORTELLI E AL CONTAGIO”. Un contenuto visto da quasi 5 milioni di utenti.  

Alcuni esperti ed analisti non hanno dubbi. Si tratta di “uno sprint agli sportelli, non una corsa, e i social media hanno avuto un ruolo centrale in tutto ciò”, ha commentato Michael Imerman – Professore presso la Paul Merage School of Business dell’Università della California – al Guardian

Charlotte Principato – Analisti dei Servizi finanziari di Morning Consult (società di business intelligence) – è stata più esplicita, attaccando direttamente Twitter: “Twitter è stato una parte importante di ciò che ha causato l’isteria. Molte conversazioni avvenivano tramite il buon vecchio telefono, perché questa è una comunità molto unita, e Twitter ha alimentato il fuoco. È stato proprio questo a causare la corsa digitale alla banca”. 

Nuovi sviluppi per la Silicon Valley Bank?

Non è ancora chiaro cosa ne sarà di Silicon Valley Bank. Dalla banca fanno sapere che i clienti potranno riavere i propri soldi, o almeno una parte. Nel frattempo, avanza quella che fino a qualche tempo fa era solo una suggestione, vale a dire l’acquisto di SVB proprio da parte del proprietario di Twitter: Elon Musk.  

L’11 marzo, infatti, in piena tempesta di tweet, l’imprenditore del mondo del gaming Min-Liang Tan (@minliangtan) ha scritto sul social: “Penso che Twitter dovrebbe acquistare SVB e diventare una banca digitale”. Proposta che è stata subito raccolta da Musk con un “Sono aperto all’idea”.  

L’offerta, oltre che portare un ulteriore asset importante sotto l’ala dell’imprenditore californiano, potrebbe accelerare le pratiche di controllo delle informazioni online e il contrasto alle fake news in ambito finanziario, segnalando eventuali imprecisioni e prevenendo incidenti come quello verificatosi in questo caso.