In cerca d’autore. Manca il leader, gli elettori ci sarebbero

Articolo di Andrea Braga

Il 26 febbraio il Partito Democratico si prepara a scegliere il suo nuovo segretario, che dovrà guidare il partito verso le sfide future e rilanciare il suo ruolo nella politica italiana ed europea. In corsa quattro candidati: Stefano Bonaccini, Elly Schlein, Paola De Micheli e Gianni Cuperlo.

Stando ai dati della prima fase di voto nei congressi nei circoli PD – conclusasi il 12 febbraio – 127.289 iscritti al Partito hanno espresso la loro preferenza, favorendo ampiamente Stefano Bonaccini che guida la sfida con il 54,35% delle preferenze (68.950 voti), seguito da Elly Schlein con il 33,7% (42.758 voti), Gianni Cuperlo al 7,46% (9.469 voti) e Paola De Micheli al 4,49% (5.697voti).

Queste elezioni primarie sono un momento cruciale per un partito che in quindici anni, dalla sua fondazione nel 2007 fino a oggi, ha visto susseguirsi 10 segretari e vissuto diverse crisi intestine e scissioni, perdendo consenso elettorale e coesione interna. Per questo, è fondamentale che il nuovo leader sia in grado di riunire il partito attorno a un progetto comune, di dialogare con le altre forze politiche e sociali, di rappresentare le istanze dei cittadini e di proporre una visione del futuro credibile e innovativa.

Per quanto l’elezione del segretario di un partito possa sembrare una semplice selezione della classe dirigente, nel caso del PD la questione assume una conformazione e un riverbero più intensi. La scelta del prossimo segretario non sarà decisiva solo per ciò che riguarda l’organizzazione e la linea politica del partito, ma soprattutto perché, per il valore politico a livello nazionale e nei sondaggi, il segretario sarà anche il leader del primo partito di opposizione e quindi il principale avversario alla maggioranza di governo.

Non è da trascurare anche come l’opportunità per un partito di centro-sinistra di avere un leader competitivo sia da sempre molto dibattuta. Alcuni ritengono che un leader forte sia necessario per dare coesione, visione e rappresentanza a un partito spesso diviso e frammentato tra diverse anime e correnti. Altri pensano sia controproducente per un partito di centro-sinistra, che dovrebbe avere le proprie fondamenta nell’elaborazione collettiva, partecipata e democratica, e non su una personalizzazione eccessiva e autoritaria. Altri ancora sono concordi sul fatto che il problema non sia tanto la forza o la debolezza del leader, ma la sua capacità di interpretare le esigenze e le aspirazioni della società, di dialogare con le forze sociali e politiche, di innovare e rinnovare il partito – ancora più in un momento in cui le forze di centro-destra hanno al loro vertice personaggi carismatici come Giorgia Meloni e, nonostante questioni elettorali o anagrafiche, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi.

Nella scelta del segretario, gli elettori dovranno tener conto di tutti questi fattori – che non possono essere prese singolarmente – soprattutto per risolvere due questioni cruciali a raccogliere un risultato migliore alle elezioni: consolidare una coalizione e riaccendere l’affezione dei propri elettori.

C’è un candidato o una candidata che riesce ad incarnare tutto ciò, che tiene insieme la capacità di leadership, la padronanza dei contenuti e la credibilità nell’esprimerli, e che sia in grado di costruire una coalizione in grado di competere sul piano elettorale con la destra?

Ciò che gli elettori si aspettano, soprattutto quelli che hanno negli anni abbandonato il Partito Democratico, è che in un modo o nell’altro si trovi una soluzione a questa crisi politica che porta il partito a risultati elettorali non incoraggianti, ad un trend nei sondaggi non più positivo e da uno svuotamento dei contenuti come la giustizia sociale e i diritti civili, nelle ultime elezioni abbracciati  maggiormente dal Movimento 5 Stelle che si è visto premiato dagli elettori anche di centro-sinistra.